Il giornalista greco Grigoriou Panagiotis incontra in un bar di Atene il suo amico Th.: giornalista disoccupato da 377 giorni, Th. non riceve più l’assegno di disoccupazione. Un caffè, euro 1,60 ma conviene perchè il bar è ben riscaldato.
«A casa non accendo il riscaldamento, stiamo qui un paio d’ore, mi rimpannuccio un po’», dice. Il suo progetto per il futuro: «Liquiderò la mia assicurazione sulla vita – saranno al massimo 11 mila euro di m. – li cambio tutti in dollari, conto di camparci un anno».
Racconta una novità del suo ambiente: «Traduttori, docenti, scrittori anche noti si sono messi a coabitare, perchè le spese per mantenere un appartamento – anche di proprietà – diventano impossibili». Dividono le spese, le bollette e il cibo. Altri si fanno pignorare la casa per non pagare il mutuo. Un terzo dei greci vive ormai in povertà, mancano i medicinali, nelle case il combustibile per riscaldamento, vi sono stati casi di bambini abbandonati negli ospedali perchè i genitori non possono mantenerli. I suicidi in Grecia sono aumentati del 40%, oggi sono due ogni tre giorni.
Tutto come in una guerra, o un’occupazione nemica: e infatti lo è. La miseria dei greci non è un fatto naturale, ma il frutto delle imposizioni della «Troika» europea, che di fatto governa oggi a favore dei creditori, dei tedeschi e delle eurocrazie: quelle stesse che hanno ammesso la Grecia nell’euro mentre non avrebbero dovuto, chiudendo gli occhi sui bilanci truccati – e adesso cercano di tenere il povero Paese nell’euro, strangolandolo. Cosa che alla fine non riuscirà: la Grecia fallirà su gran parte del suo debito, e probabilmente dovrà anche uscire dall’euro – in catastrofe anzichè in modo ordinatamente gestito.
Dopo la Grecia sarà in prima linea il Portogallo, poi l’Irlanda, dove sono già in corso impoverimenti estremi e rovine sociali; poi – ancor prima della Spagna – l’Italia, col suo debito ciclopico e ingestibile. La Francia è già sullo scivolo, dopo il downgrade di Standard & Poors.
Ora Berlino pretende che l’Italia riduca il suo debito pubblico dal 120% al 60% del PIL in pochi anni, al ritmo di austerità estreme: così dettano, del resto, le normative europee. Ma Berlino sapeva qual’era il nostro debito, doveva vietarci di entrare nell’euro, agitando le «normative». Ci ha lasciati entrare perchè conveniva ai tedeschi avere il grosso concorrente legato alla moneta forte, e impossibilitato a svalutare; per potergli rubare quote di mercato. Ed ora, tutti gli sforzi sono diretti a scongiurare il fallimento dei Paesi debitori, mantenendoli nello stesso tempo sotto l’euro che li strangola. A prezzi socialmente intenibili.
In effetti la Germania è ben contenta che l’Italia resti nell’Euro, che si sveni per raggiungere i parametri che essa stessa le pone come condizione. “Restate nell’Euro, maccheroni, e per farlo tagliate i redditi, colpite il risparmio, svenate l’economia reale, andate in recessione, come gli altri popoli inferiori, mentre noi alle nostre imprese diamo credito a basso costo per fare investimenti, espansione, innovazione e prenderci le fette di mercato che le vostre imprese lasciano libere, cessando l’attività per eccesso di tasse, di insoluti, di interessi passivi. La Germania resterà l’unica potenza industriale del continente.” E ieri: “Bravo Monti, hai fatto fare all’Italia salti mortali, torna presto a Berlino, quando tutto sarà finito ti daremo la Croce di Ferro.”
Eh già, proprio questo è il risultato dell’incontro berlinese Monti-Merkel: il Nostro, con la sua manovra, ha tagliato i garretti all’economia italiana, così che la Germania è rassicurata che essa non possa risollevarsi e farle concorrenza o semplicemente recuperare una qualche autonomia strategica. E presto, per far cassa, dovrà aggredire ulteriormente i risparmi delle categorie non forti. Perché l’Italia in recessione potrà tirare avanti entro l’Euro solo mangiandosi il risparmio con le tasse, e vendendo i beni e le aziende di pubblica proprietà.
Ormai una mezza dozzina di Paesi europei si devono porre la domanda più censurata: dove sono finiti i presunti «vantaggi» dell’euro, per i quali abbiamo ceduto la nostra sovranità?
La cosa dovrebbe essere chiara dopo il degrado di massa che Standard & Poors ha mitragliato contro sei Stati europei, Francia compresa. È come un’esecuzione di massa dei tempi di guerra. Con il downgrade passato da A a B, il prezzo del finanziamento pubblico si alza al di là di ogni possibilità di rilancio economico. Non solo l’Italia, ma tutta l’eurozona tranne Germania e satelliti, è stretta nella doppia morsa delle austerità e ipertassazioni dettate dall’UE, e dei «mercati» che ci chiedono di più per prestarci denaro.
È questo il nostro ineluttabile futuro, sotto l’euro e le «cure» dettate dalle euro-oligarchie. Il nostro scivolamento verso il Terzo Mondo. Il destino greco, inverni senza termosifoni e prezzi alle stelle (nei momenti di disordine in Atene, il pane è arrivato a costare 60 euro al chilo) è più vicino di quanto ci vogliano far credere. E può accadere di colpo, senza preavviso.
Abbiamo visto solo l’inizio degli enormi sacrifici che ci impone Monti (col consenso dei partiti). Tanti sacrifici ci attendono, povertà, disoccupazione diffuse, il degrado dell’economia a livelli sudamericani, e poi, perchè? La degradazione di massa di Standard & Poors rende ineluttabile, alla fine, il nostro default.
«L’arroganza che ci sta distruggendo», ha scritto l’amico Paolo Rebuffo, «consiste nel credere di poter evitare il fallimento, anzichè attrezzarsi a governare la bancarotta del sistema».Siamo stati privati di tutti i mezzi per far fronte alla crisi più grave dal 1929: non possiamo svalutare, nè stampare moneta, nè ripudiare sovranamente il debito, e nemmeno alzare barriere doganali. Non sono ostacoli naturali, sono divieti che l’Europa ci dà, perchè i nostri governi – da venti o trent’anni - li hanno voluti. Li chiamavano «vincoli esterni», e li hanno usati come scusa del loro scarico di responsabilità: «Dobbiamo fare questo, perché l’Europa ce lo chiede»; «Non possiamo fare questo, perchè lo vietano le normative».
Oggi gli oligarchi, i Van Rompuy, i Mario Draghi, criticano le «agenzie di rating» americane, per aver degradato la valutazione di solvibilità di tanti Paesi europei: ci scoprono «un complotto», un’aggressione «politica» contro gli sforzi dell’Europa per accontentare i creditori... Ma sono stati proprio loro a dare tanto potere alle agenzie di rating straniere. L’intero sistema bancario accetta o non accetta titoli di debito, pubblico o corporate, secondo quanto li valutano Moody’s o Fitch; anche la Banca Centrale Europea, fino a ieri, accettava titoli in garanzia valuandoli secondo il rating delle agenzie. Erano benvenuti, graditi, desiderati, questi altri «vincoli esterni».
Nessun eurocrate, nessun banchiere europeo, ha fatto mai notare che queste agenzie non erano oracoli celesti, bensì società per azioni private, i cui proprietari sono fondi speculativi ed altre società USA quotate alla Borsa di New York. Moody’s, ad esempio, ha fra i suoi azionisti Warren Buffett più altri gestori finanziari, ossia che di mestiere comprano e vendono titoli pubblici e privati: Capital Research Global Investors (10,30%), Capital World Investors (10,03%) e Fidelity Management & Research (9,61%). Standard & Poor’s è un’emanazione dell’editoriale quotata McGraw Hill, e anche lì gli altri soci sono fondi finanziari, alcuni dei quali già presenti in Moosy’s, come Capital World Investor, e Fidelity Management, oltre a i T. Rowe Price Associates (6,67%) e BlackRock Global Investors (4,39%). La terza agenzia, Fitch, è posseduta al 60% da un finanziere francese, il miliardario Marc Eugene Charles Ladreit de Lacharrière, detto MLL,e dal gruppo americano Hearst.
Non si tratta solo di europeo «conflitto d’interessi» che mina l’autorità di queste agenzie (esse stesse quotate alla Borsa americana) ma di aggiotaggio, o sospetto di aggiotaggio, quando assegnano giudizi su titoli europei. Gli azionisti delle agenzie che danno il voto a imprese e Stati hanno accesso alle loro intenzioni un anticipo: se so che viene abbassato il rating dell’Italia, vendo i titoli italiani prima che la cosa diventi pubblica.
Il ribasso di massa annunciato da S&P – a mercati europei aperti – era palesementre «turbativa dei mercati», e le magistrature europee avrebbero dovrebbero appurare: a vantaggio di chi? Anzi, dovevano già da anni mettere fuorilegge in Europa queste società per l’aggiotaggio.Macchè. Solo oggi Olli Rehn salta fuori a dire che si tratta di «arbitri interessati» – oggi, anzichè 15 anni fa. Attenzione, quando gli oligarchi cominciano a dire la verità, e a parlare di complotti» contro di loro, allora bisogna cominciare a preoccuparsi.Fino a due mesi fa ci dicevano che bisognava inchinarsi a queste agenzie pagando più tasse e sopportando austerità, erano i «vincoli esterni», erano «i giudizi dei mercati»...
Ora l’eurocrazia s’è tolta la maschera. Ha dismesso le melliflue promesse della sua lingua di legno (tipo «stabilità, crescita, equità») per mostrare il bastone e la grinta autoritaria: regole, austerità, tasse per pagare i creditori..
Maurizio Blondet
«A casa non accendo il riscaldamento, stiamo qui un paio d’ore, mi rimpannuccio un po’», dice. Il suo progetto per il futuro: «Liquiderò la mia assicurazione sulla vita – saranno al massimo 11 mila euro di m. – li cambio tutti in dollari, conto di camparci un anno».
Racconta una novità del suo ambiente: «Traduttori, docenti, scrittori anche noti si sono messi a coabitare, perchè le spese per mantenere un appartamento – anche di proprietà – diventano impossibili». Dividono le spese, le bollette e il cibo. Altri si fanno pignorare la casa per non pagare il mutuo. Un terzo dei greci vive ormai in povertà, mancano i medicinali, nelle case il combustibile per riscaldamento, vi sono stati casi di bambini abbandonati negli ospedali perchè i genitori non possono mantenerli. I suicidi in Grecia sono aumentati del 40%, oggi sono due ogni tre giorni.
Tutto come in una guerra, o un’occupazione nemica: e infatti lo è. La miseria dei greci non è un fatto naturale, ma il frutto delle imposizioni della «Troika» europea, che di fatto governa oggi a favore dei creditori, dei tedeschi e delle eurocrazie: quelle stesse che hanno ammesso la Grecia nell’euro mentre non avrebbero dovuto, chiudendo gli occhi sui bilanci truccati – e adesso cercano di tenere il povero Paese nell’euro, strangolandolo. Cosa che alla fine non riuscirà: la Grecia fallirà su gran parte del suo debito, e probabilmente dovrà anche uscire dall’euro – in catastrofe anzichè in modo ordinatamente gestito.
Dopo la Grecia sarà in prima linea il Portogallo, poi l’Irlanda, dove sono già in corso impoverimenti estremi e rovine sociali; poi – ancor prima della Spagna – l’Italia, col suo debito ciclopico e ingestibile. La Francia è già sullo scivolo, dopo il downgrade di Standard & Poors.
Ora Berlino pretende che l’Italia riduca il suo debito pubblico dal 120% al 60% del PIL in pochi anni, al ritmo di austerità estreme: così dettano, del resto, le normative europee. Ma Berlino sapeva qual’era il nostro debito, doveva vietarci di entrare nell’euro, agitando le «normative». Ci ha lasciati entrare perchè conveniva ai tedeschi avere il grosso concorrente legato alla moneta forte, e impossibilitato a svalutare; per potergli rubare quote di mercato. Ed ora, tutti gli sforzi sono diretti a scongiurare il fallimento dei Paesi debitori, mantenendoli nello stesso tempo sotto l’euro che li strangola. A prezzi socialmente intenibili.
In effetti la Germania è ben contenta che l’Italia resti nell’Euro, che si sveni per raggiungere i parametri che essa stessa le pone come condizione. “Restate nell’Euro, maccheroni, e per farlo tagliate i redditi, colpite il risparmio, svenate l’economia reale, andate in recessione, come gli altri popoli inferiori, mentre noi alle nostre imprese diamo credito a basso costo per fare investimenti, espansione, innovazione e prenderci le fette di mercato che le vostre imprese lasciano libere, cessando l’attività per eccesso di tasse, di insoluti, di interessi passivi. La Germania resterà l’unica potenza industriale del continente.” E ieri: “Bravo Monti, hai fatto fare all’Italia salti mortali, torna presto a Berlino, quando tutto sarà finito ti daremo la Croce di Ferro.”
Eh già, proprio questo è il risultato dell’incontro berlinese Monti-Merkel: il Nostro, con la sua manovra, ha tagliato i garretti all’economia italiana, così che la Germania è rassicurata che essa non possa risollevarsi e farle concorrenza o semplicemente recuperare una qualche autonomia strategica. E presto, per far cassa, dovrà aggredire ulteriormente i risparmi delle categorie non forti. Perché l’Italia in recessione potrà tirare avanti entro l’Euro solo mangiandosi il risparmio con le tasse, e vendendo i beni e le aziende di pubblica proprietà.
Ormai una mezza dozzina di Paesi europei si devono porre la domanda più censurata: dove sono finiti i presunti «vantaggi» dell’euro, per i quali abbiamo ceduto la nostra sovranità?
La cosa dovrebbe essere chiara dopo il degrado di massa che Standard & Poors ha mitragliato contro sei Stati europei, Francia compresa. È come un’esecuzione di massa dei tempi di guerra. Con il downgrade passato da A a B, il prezzo del finanziamento pubblico si alza al di là di ogni possibilità di rilancio economico. Non solo l’Italia, ma tutta l’eurozona tranne Germania e satelliti, è stretta nella doppia morsa delle austerità e ipertassazioni dettate dall’UE, e dei «mercati» che ci chiedono di più per prestarci denaro.
È questo il nostro ineluttabile futuro, sotto l’euro e le «cure» dettate dalle euro-oligarchie. Il nostro scivolamento verso il Terzo Mondo. Il destino greco, inverni senza termosifoni e prezzi alle stelle (nei momenti di disordine in Atene, il pane è arrivato a costare 60 euro al chilo) è più vicino di quanto ci vogliano far credere. E può accadere di colpo, senza preavviso.
Abbiamo visto solo l’inizio degli enormi sacrifici che ci impone Monti (col consenso dei partiti). Tanti sacrifici ci attendono, povertà, disoccupazione diffuse, il degrado dell’economia a livelli sudamericani, e poi, perchè? La degradazione di massa di Standard & Poors rende ineluttabile, alla fine, il nostro default.
«L’arroganza che ci sta distruggendo», ha scritto l’amico Paolo Rebuffo, «consiste nel credere di poter evitare il fallimento, anzichè attrezzarsi a governare la bancarotta del sistema».Siamo stati privati di tutti i mezzi per far fronte alla crisi più grave dal 1929: non possiamo svalutare, nè stampare moneta, nè ripudiare sovranamente il debito, e nemmeno alzare barriere doganali. Non sono ostacoli naturali, sono divieti che l’Europa ci dà, perchè i nostri governi – da venti o trent’anni - li hanno voluti. Li chiamavano «vincoli esterni», e li hanno usati come scusa del loro scarico di responsabilità: «Dobbiamo fare questo, perché l’Europa ce lo chiede»; «Non possiamo fare questo, perchè lo vietano le normative».
Oggi gli oligarchi, i Van Rompuy, i Mario Draghi, criticano le «agenzie di rating» americane, per aver degradato la valutazione di solvibilità di tanti Paesi europei: ci scoprono «un complotto», un’aggressione «politica» contro gli sforzi dell’Europa per accontentare i creditori... Ma sono stati proprio loro a dare tanto potere alle agenzie di rating straniere. L’intero sistema bancario accetta o non accetta titoli di debito, pubblico o corporate, secondo quanto li valutano Moody’s o Fitch; anche la Banca Centrale Europea, fino a ieri, accettava titoli in garanzia valuandoli secondo il rating delle agenzie. Erano benvenuti, graditi, desiderati, questi altri «vincoli esterni».
Nessun eurocrate, nessun banchiere europeo, ha fatto mai notare che queste agenzie non erano oracoli celesti, bensì società per azioni private, i cui proprietari sono fondi speculativi ed altre società USA quotate alla Borsa di New York. Moody’s, ad esempio, ha fra i suoi azionisti Warren Buffett più altri gestori finanziari, ossia che di mestiere comprano e vendono titoli pubblici e privati: Capital Research Global Investors (10,30%), Capital World Investors (10,03%) e Fidelity Management & Research (9,61%). Standard & Poor’s è un’emanazione dell’editoriale quotata McGraw Hill, e anche lì gli altri soci sono fondi finanziari, alcuni dei quali già presenti in Moosy’s, come Capital World Investor, e Fidelity Management, oltre a i T. Rowe Price Associates (6,67%) e BlackRock Global Investors (4,39%). La terza agenzia, Fitch, è posseduta al 60% da un finanziere francese, il miliardario Marc Eugene Charles Ladreit de Lacharrière, detto MLL,e dal gruppo americano Hearst.
Non si tratta solo di europeo «conflitto d’interessi» che mina l’autorità di queste agenzie (esse stesse quotate alla Borsa americana) ma di aggiotaggio, o sospetto di aggiotaggio, quando assegnano giudizi su titoli europei. Gli azionisti delle agenzie che danno il voto a imprese e Stati hanno accesso alle loro intenzioni un anticipo: se so che viene abbassato il rating dell’Italia, vendo i titoli italiani prima che la cosa diventi pubblica.
Il ribasso di massa annunciato da S&P – a mercati europei aperti – era palesementre «turbativa dei mercati», e le magistrature europee avrebbero dovrebbero appurare: a vantaggio di chi? Anzi, dovevano già da anni mettere fuorilegge in Europa queste società per l’aggiotaggio.Macchè. Solo oggi Olli Rehn salta fuori a dire che si tratta di «arbitri interessati» – oggi, anzichè 15 anni fa. Attenzione, quando gli oligarchi cominciano a dire la verità, e a parlare di complotti» contro di loro, allora bisogna cominciare a preoccuparsi.Fino a due mesi fa ci dicevano che bisognava inchinarsi a queste agenzie pagando più tasse e sopportando austerità, erano i «vincoli esterni», erano «i giudizi dei mercati»...
Ora l’eurocrazia s’è tolta la maschera. Ha dismesso le melliflue promesse della sua lingua di legno (tipo «stabilità, crescita, equità») per mostrare il bastone e la grinta autoritaria: regole, austerità, tasse per pagare i creditori..
Maurizio Blondet