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Martedì 17/12/2013
Borgo Priolo, lite per un Cinghiale.
Scontro tra cacciatori del “Papavero” e le guardie venatorie. Intervengono i carabinieri, scatta richiesta di danni.
BORGO PRIOLO. Lite tra cacciatori e guardiacaccia per un cinghiale (morto) sequestrato e conteso. Tutta colpa di una fascetta attaccata nel posto sbagliato dell’animale. E’ finita con la richiesta di un maxi-risarcimento da 18 mila euro all’ambito territoriale di caccia 5, quello di Varzi. A presentare la richiesta è stato l’avvocato Ugo Leonetti per conto della squadra di cinghialisti «Papavero» di Borgo Priolo.
I fatti risalgono alla mattina dell’11 dicembre. La squadra Papavero è in località Bozzola del comune di Valverde. Uno dei cacciatori viene fermato da una persona che si qualifica come guardia dell’Atc5 e che a detta degli stessi cinghialisti non esibisce alcun documento per dimostrare la propria identità e ruolo. La guardia esamina un cinghiale morto trasportato sull’auto di uno dei cacciatori e contesta un’irregolarità: la prevista fascetta identificativa è stata attaccata al naso invece che al tendine d’achille della zampa. A quel punto compila un verbale e annuncia il sequestro dell’animale. I cacciatori protestano vivacemente, e si rifiutano di firmare il verbale che secondo loro è stato compilato in modo irregolare: tanto che dopo tre ore di contestazioni devono intervenire sul posto addirittura i carabinieri di Varzi, chiamati dalla guardia dell’Atc 5. A quel punto i cacciatori davanti ai carabinieri accusano la guardia di «abuso di potere e di appropriazione indebita del cinghiale».
La squadra Papavero ha potuto riprendere la battuta di caccia solo nel pomeriggio, quando il branco di cinghiali che avevano preso di mira si era ormai dileguato. In un esposto inviato al dirigente del settore faunistico provinciale, i cinghialisti sostengono che il dipendente dell’Atc5 era in realtà solo una guardia giurata e quindi non poteva effettuare alcun sequestro. Nell’esposto i cacciatori sostengono che «non esiste una norma che obbliga l’apposizione delle fascette al tendine sotto pena di una sanzione pecuniaria. E non esiste una norma che preveda il sequestro del capo abbattuto». I componenti della «Papavero», sostenendo di avere subito un abuso e di avere perso una giornata di caccia per colpa della guardia, hanno chiesto un risarcimento di 18 mila euro.
fonte:laprovinciapavese.gelocal.it
Borgo Priolo, lite per un Cinghiale.
Scontro tra cacciatori del “Papavero” e le guardie venatorie. Intervengono i carabinieri, scatta richiesta di danni.

BORGO PRIOLO. Lite tra cacciatori e guardiacaccia per un cinghiale (morto) sequestrato e conteso. Tutta colpa di una fascetta attaccata nel posto sbagliato dell’animale. E’ finita con la richiesta di un maxi-risarcimento da 18 mila euro all’ambito territoriale di caccia 5, quello di Varzi. A presentare la richiesta è stato l’avvocato Ugo Leonetti per conto della squadra di cinghialisti «Papavero» di Borgo Priolo.
I fatti risalgono alla mattina dell’11 dicembre. La squadra Papavero è in località Bozzola del comune di Valverde. Uno dei cacciatori viene fermato da una persona che si qualifica come guardia dell’Atc5 e che a detta degli stessi cinghialisti non esibisce alcun documento per dimostrare la propria identità e ruolo. La guardia esamina un cinghiale morto trasportato sull’auto di uno dei cacciatori e contesta un’irregolarità: la prevista fascetta identificativa è stata attaccata al naso invece che al tendine d’achille della zampa. A quel punto compila un verbale e annuncia il sequestro dell’animale. I cacciatori protestano vivacemente, e si rifiutano di firmare il verbale che secondo loro è stato compilato in modo irregolare: tanto che dopo tre ore di contestazioni devono intervenire sul posto addirittura i carabinieri di Varzi, chiamati dalla guardia dell’Atc 5. A quel punto i cacciatori davanti ai carabinieri accusano la guardia di «abuso di potere e di appropriazione indebita del cinghiale».
La squadra Papavero ha potuto riprendere la battuta di caccia solo nel pomeriggio, quando il branco di cinghiali che avevano preso di mira si era ormai dileguato. In un esposto inviato al dirigente del settore faunistico provinciale, i cinghialisti sostengono che il dipendente dell’Atc5 era in realtà solo una guardia giurata e quindi non poteva effettuare alcun sequestro. Nell’esposto i cacciatori sostengono che «non esiste una norma che obbliga l’apposizione delle fascette al tendine sotto pena di una sanzione pecuniaria. E non esiste una norma che preveda il sequestro del capo abbattuto». I componenti della «Papavero», sostenendo di avere subito un abuso e di avere perso una giornata di caccia per colpa della guardia, hanno chiesto un risarcimento di 18 mila euro.
fonte:laprovinciapavese.gelocal.it