Re: oggetti e ricordi di caccia
Ragazzi, questi racconti, nella loro intimità, trasudano tutto il loro profumano di nostalgia, per momenti vissuti e rivisti come avvolti dalla nebbiolina della dimensione onirica, ma a tinte calde e ricolme d'affetto per i ns padri, nonni, pigmalioni, da cui impariamo a muovere i primi passi.
Bellissimo, continuate così!
Ne approfitto per aggiungerne un altro. Ero proprio un pischello allora, mio padre viene a prendermi a sorpresa all'uscita della scuola elementare (frequentavo la 5 classe); lo vedo abbigliato per la caccia, lui guida e non mi dice nulla. Non si dirige verso casa ns, ma a prendere mio zio e poi si avvia verso le campagne. Solo allora, quando chiedo: "papà, ma mi portate con voi? Se mi sporco mamma mi rimprovera al ritorno". Lui sorridendo mi dice di guardare nel borsone sopra il sedile, c'era tutta la mia tenuta. Mi cambio felice in tutta fretta, completando la vestizione poco primo della destinazione; un campo di erba medica di svariati ettari di un suo conoscente, con un grosso specchietto d'acqua a quasi un centinaio di mt dal tratturo (strada interpoderale). Ci saremmo appostati con ripari improvvisati da "frevole" (piante spontanee tipiche delle zone paludose, alte con tronco cavo), in attesa delle alzavole, che mio zio era riuscito a scovare giorni prima! Quì entra in gioco l'oggetto capace di rievocare quel pomeriggio, un tascapane in canapone appartenuto a mio nonno, cimelio della 2 g.m. , che papà utilizzava sempre (esiste tutt'ora) per metterci attrezzature, cartucce o le ns immancabili colazioni! Scendiamo dall'auto, metto a tracolla il tascapane e scendiamo lungo il ripido costone del canalone del consorzio di bonifica, diretti all'acquitrino. Il pomeriggio era leggermente fresco (era Novembre) e calmo; preparati in fretta i ripari, arriva l'imbrunire; il tempo scorre ma nulla di nuovo. All'improvviso, col buio pesto, i primi fruscii d'ali e subito un doppio ciaff splash. Con il cuore in gola, attendo un cenno da mio zio, che annuisce con la testa; tocca a me. Avevo appena sfilato la grande torcia dal mio tascapane, la punto in loro direzione e loro partono a candela, continuo a seguirle in volo, giusto il tempo di 3 fucilate, alternate tra papà e zio. Entrambe messe a riposo. Eravamo elettrizzati, tanto che ignoravamo del tutto la pioggerella, che improvvisa, leggera ma fitta, cominciò a scendere incessante. La scena si ripete con buon esito altre 8 volte, ed io mi sento grande protagonista quanto zio e papà, perchè la mia azione con le luci contribuisce al buon esito dei tiri! Poi, mezz'ora di silenzio ed inutile attesa, a gettito finito, si decide di andar via, anche per non inzupparci d'acqua.
Ancora non sapevamo cosa ci aspettasse! Tornando verso la macchina, gi stivali affondavano sempre più nel terreno argilloso, tirare fuori gli stivali per avanzare a passi lentissimi diventava sempre più faticoso; io mi ritrovai 2/3 volte con gli stivaletti affondati nel fango ed i piedi che si sfilavano. Ma non mi lamentavo, infischiandomi di sporcare i piedi, recuperavo lo stivale con le mani, davo una ripulita e via di nuovo.
Ma non so se per percorrere quei 100 mt, facessimo più fatica noi, lentamente, con tascapane, fucili, 13 alzavole, cartucce, ecc. , oppure Usaim Bolt a farli di corsa con mutande e canotta soltanto!
Arrivati alla macchina, con la sensazione di chi vuol dirsi salvo, carichiamo tutto nel cofano e montiamo in tutta fretta. Tanta fretta, che nel rigirarsi sul tratturo, con il fondo scivoloso, mio padre si sporge un pò troppo verso il pendio del canale e…….cominciamo inesorabilmente a scivolare con tutta l’auto verso valle; per quante manovre in retromarcia tentasse, era sempre peggio e finimmo praticamente nel campo sottostante col muso. Fu già una fortuna non esserci ribaltati. Dopo vari tentativi di risalita ci arrendemmo all’evidenza, ci aspettavano quasi quattro km di tratturo internato per raggiungere la strada asfaltata più vicina, una strada vicinale di collegamento tra la statale ed un borgo lì nei pressi! Camminammo un bel po’ sotto la pioggerella incessante, prima di guadagnar l’asfalto, ormai fradici e infreddoliti. Passarono alcune auto, ma chi volete si fermasse vedendo due tizi con fucili a spalla?! La prospettiva era quella di dover camminare ancora svariati km, ed ero veramente stanco. Inaspettatamente una renault 4 bianca ci passa a fianco rallentando si ferma un po’ oltre poi torna indietro chiedendo cosa fosse successo. I grandi spiegarono la cosa e lui ci invita a salire. Era il guardiano campestre di zona, che ci portò subito a casa sua nel borgo l’ vicino per farci asciugare al tepore del camino e far bere qualche bicchierino riscaldante ai grandi. Solo lì ci confessò d’essersi fermato solo perché impietosito dalla presenza di un ragazzino, infatti era andato oltre per caricare la sua pistola, prima di arretrare e fermarsi. Da lì, nacque una salda amicizia con questo signore, che in quel frangente vidi come un angelo, nonostante dei baffoni da barbarossa.
Morale della favola, dopo le gioie della cacciata, arrivarono i dolori di una camminata estenuante, che non dimenticherò mai, al pari della ospitalità estrema di uno sconosciuto, che ancora oggi quando mi incontra, mi loda per la bella “passeggiata” sotto la pioggia, senza mai mollare il mio tascapane del nonno, cui ho legato questo ricordo più di altri. Scusate se sono stato un po’ lungo, ma scrivevo così come ricordavo per rendere l’idea di cosa può essere legato alla caccia ed i suoi ricordi!