Grosseto: questura gli nega porto d’armi, ricorre al Tar e vince. (1 utente sta leggendo)

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[h=1]Grosseto: questura gli nega porto d’armi, ricorre al Tar e vince[/h] 9 marzo 2016
La seconda sezione del Tar della Toscana ha annullato il decreto della Questura di Grosseto che aveva negato il rinnovo del porto d’armi a un cacciatore; nel provvedimento impugnato si leggeva che “nel corso dell’istruttoria di rito sono emersi a carico del predetto motivi ostativi al rinnovo, consistenti in pregressa condanna penale, ex articoli 444-445 codice procedura penale rilevata presso il casellario giudiziale per fatto considerato assolutamente preclusivo (tentata estorsione)”.


Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tirreno, il Tar ha annullato il diniego a seguito della presentazione del ricorso da parte degli avvocati dell’assistito che avevano fatto presente l’estinzione del reato (sentenza del 1991, fatti del 1984) e che da allora il cacciatore aveva sempre tenuto una buona condotta. Sulla base della giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato, il Tar sostiene che l’effetto preclusivo viene “parzialmente meno una volta intervenuta la riabilitazione e, più precisamente, viene meno l’automatismo”. Resta la condanna, ma per ulteriori provvedimenti si devono tenere in conto altri elementi come la mancata commissione di reati nel quinquennio successivo alla sentenza.




[h=1]Sì al rinnovo del porto d’armi se il reato è stato estinto[/h]GROSSETO. Non ci può essere un "no" automatico al cacciatore che chiede il rinnovo del porto d'armi soltanto perché nel casellario penale risulta una condanna a suo carico. Il Tar Toscana, seconda...








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GROSSETO. Non ci può essere un "no" automatico al cacciatore che chiede il rinnovo del porto d'armi soltanto perché nel casellario penale risulta una condanna a suo carico. Il Tar Toscana, seconda sezione, ha annullato il decreto del questore con il quale il 14 ottobre scorso era stato negato il rinnovo a un cacciatore, da lui chiesto ad aprile.
Questi aveva proposto ricorso assistito dagli avvocati Elisa Ferraro e Romano Lombardi. La Questura nel provvedimento di rigetto aveva scritto: "nel corso dell'istruttoria di rito sono emersi a carico del predetto motivi ostativi al rinnovo, consistenti in pregressa condanna penale, ex articoli 444-445 codice di procedura penale rilevata presso il Casellario giudiziale per fatto considerato assolutamente preclusivo". Si trattava di una tentata estorsione.
Tutto ciò a prescindere dall’estinzione del reato che pure era stata fatta presente dai legali, che avevano allegato l’apposito provvedimento del Tribunale risalente al 4 agosto 2015. Il questore altro non aveva fatto che applicare il parere reso nel 2015 dal Consiglio di Stato (su richiesta del ministero dell'Interno), a partire dal quale qualsiasi condanna per uno dei reati considerati ostativi impedisce automaticamente il rinnovo della licenza per il porto di fucile per uso caccia. Un rinnovo che invece il cacciatore aveva sempre ottenuto, in precedenza: la sentenza risaliva al 1991 (per fatti del 1984) e da quell'epoca lui aveva sempre tenuto una buona condotta.
I legali hanno sostenuto davanti ai giudici fiorentini che l'automatismo non può valere incondizionatamente: quando vi è una riabilitazione o comunque un'estinzione del reato, il rinnovo non può essere rifiutato a priori e deve essere valutata caso per caso l'affidabilità di chi presenta la richiesta.
E il Tar (Saverio Romano presidente, Carlo Testori e Luigi Viola estensore) è stato d'accordo, sulla base di giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato: l'effetto preclusivo viene «parzialmente meno una volta intervenuta la riabilitazione e, più precisamente, viene meno l'automatismo». La condanna resta ma l'annullamento deve tener conto di altri elementi:



ad esempio la mancata commissione di reati nel quinquennio successivo alla condanna, provvedimento assimilabile alla riabilitazione. Dunque, il Tar ha annullato il decreto del questore. Il cacciatore potrà avere il porto d'armi. E come lui anche altri in condizioni similari.

Il tirreno
 
Sapere che ci sono queste sentenze è consolante, ma di certo non sono una garanzia. Se il poliziotto addetto al rilascio del Pda (a nome del Questore), decide di non rilasciarti il documento, rimani fregato. Il sapere che puoi fare causa e vincerla (non si sa con quali costi, tempi e nervosi) rimane una magra consolazione. E poi... siamo sicuri che le sentenze di cui sopra, rappresentino un precedente che ti garantisce un esito positivo? A mio avviso, essendo il PdA una concessione, la discrezionalità di cui godono le questure ci pone in una situazione estremamente precaria. L'unica è evitare denunce, accuse, sospetti...
 

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