Da un cacciatore, per chi ha a cuore la sorte della nostra piccola selvaggina.
Chi, come me, ha passato gli ultimi quarant’anni con gli scarponi nel fango e l’alba negli occhi, ha notato un cambiamento sottile ma devastante. Un silenzio che si fa strada dove prima c’era il canto. Parlo della piccola avifauna, di quelle specie stanziali e migratrici che sono l’anima dei nostri campi e dei nostri boschi: l’allodola, la quaglia, il tordo, il fringuello, il passero. E mentre tanti puntano il dito contro la nostra passione, la caccia, la verità è che i nemici più spietati e insaziabili di questi animali agiscono 24 ore su 24, 365 giorni l’anno, senza regole e senza calendari venatori.
Parlo dei predatori opportunisti, la cui crescita esponenziale negli ultimi decenni ha creato uno squilibrio ecologico senza precedenti. Una volta, in campagna, l’equilibrio era mantenuto da una catena alimentare complessa. Oggi, quella catena si è spezzata e alcune specie, diventate “nocive” per la loro sovrabbondanza, stanno avendo la meglio.
Corvidi: l' Astuzia che Uccide
La Cornacchia grigia e la Gazza ladra sono l'emblema di questa piaga. Un tempo confinate in areali più limitati, oggi sono ovunque: dalle periferie delle città al cuore delle nostre campagne. La loro intelligenza è pari solo alla loro voracità. In primavera, durante il periodo della nidificazione, diventano il terrore di ogni piccolo uccello. Li ho visti, con i miei occhi, pattugliare sistematicamente filari e siepi, attendere che la madre si allontani dal nido per un istante e poi fare razzia di uova e pulcini. Un solo nido di allodola, quaglia o fagiano distrutto significa una futura generazione perduta.
- Statistiche e Incrementi: Studi faunistici, anche quelli non legati al mondo venatorio, confermano un incremento delle popolazioni di corvidi superiore al 200-300% in molte aree d'Italia negli ultimi 30 anni. Questo è dovuto alla loro incredibile capacità di adattamento all'ambiente umano, dove trovano cibo in abbondanza (rifiuti) e meno predatori naturali. Uno studio dell'Università di Urbino ha stimato che in alcune aree ad alta densità, i corvidi possono essere responsabili della distruzione di oltre il 70% dei nidi di specie che nidificano a terra.
La volpe c'è sempre stata, è un magnifico selvatico, astuto e affascinante. Ma anche la sua popolazione, non più regolata come un tempo e favorita dalla diffusione di malattie che hanno decimato i suoi competitori, è esplosa. La volpe non si accontenta più del topolino; è un predatore formidabile di lepri giovani, fagiani, starne e di tutto ciò che trova a terra. Le fototrappole che noi cacciatori usiamo per monitorare la selvaggina raccontano una storia chiara: dove prima passava una volpe a notte, ora ne passano cinque.
Il Gatto Domestico: Un Impatto Sottovalutato
Sembra innocuo, il gatto che sonnecchia sul muretto. Ma la verità è che il gatto domestico, o peggio, quello randagio o inselvatichito, è uno dei predatori più impattanti in assoluto. Secondo stime internazionali (pubblicate su riviste come Nature Communications), i gatti sono responsabili della **** di miliardi di uccelli ogni anno a livello globale. In Italia, si stima che ogni gatto con accesso all'esterno uccida in media tra i 30 e i 100 animali selvatici all'anno. Moltiplicatelo per i milioni di gatti presenti sul territorio e avrete la dimensione della catastrofe. Non uccide per fame, ma per istinto, colpendo pettirossi, cince, fringuelli e i giovani di quasi tutte le specie.
Altri Predatori: Dai Gabbiani alle Nutrie
Non dimentichiamo i gabbiani reali, che dalle coste si sono spinti nell'entroterra seguendo le discariche, diventando predatori di nidiacei e persino di piccoli mammiferi. O la nutria, che pur essendo erbivora, distrugge l'habitat umido fondamentale per la riproduzione di moltissimi uccelli acquatici, alterando le rive e le vegetazioni palustri.
La Classifica dei Pericoli: Apriamo gli Occhi
Da cacciatore che osserva il territorio, se dovessi stilare una classifica dei fattori di rischio per la piccola avifauna oggi in Italia, la mia esperienza mi porterebbe a questa amara conclusione:- Agricoltura Intensiva: È il nemico numero uno, non c'è dubbio. La monocoltura, la scomparsa delle siepi, dei fossi e delle aree incolte (elementi vitali per la nidificazione e il riparo), insieme all'uso massiccio di pesticidi che eliminano gli insetti (cibo base per i pulcini), creano un deserto biologico. Un campo di mais trattato è sterile come un parcheggio di asfalto per un'allodola.
- Predazione da Specie Opportuniste: Subito dopo, metto loro. L'impatto combinato di cornacchie, gazze, volpi e gatti è il colpo di grazia per le popolazioni già indebolite dalla perdita di habitat. Dove l'agricoltura toglie casa e cibo, i predatori eliminano i sopravvissuti. Questo è un fattore aggravante che ha visto la sua pericolosità aumentare in modo esponenziale negli ultimi 20 anni.
- Bracconaggio: Il bracconaggio è un crimine odioso, che noi cacciatori perbene siamo i primi a combattere. Va detto, però, che il suo impatto, per quanto grave su alcune specie e in aree localizzate, è statisticamente inferiore alla pressione predatoria costante e diffusa su tutto il territorio nazionale. Un conto è un atto illegale e mirato, un altro è un'azione di predazione di massa, legale e continua.
- Cambiamenti Climatici e Urbanizzazione: L'alterazione delle stagioni, la siccità e il consumo di suolo sono fattori importanti che modificano le rotte migratorie e riducono ulteriormente gli spazi vitali, ma il loro effetto è spesso il contesto che aggrava i primi due punti.
Uno Sguardo all'Estero
Non pensiate che sia un problema solo italiano. In Francia, la gestione dei corvidi è considerata una priorità per la salvaguardia della piccola selvaggina e sono previsti piani di controllo molto più severi dei nostri. Nel Regno Unito, studi approfonditi hanno dimostrato la correlazione diretta tra l'aumento dei predatori e il declino di specie di uccelli che nidificano al suolo, come la pavoncella. La differenza è che all'estero, spesso, il ruolo del cacciatore come "gestore" dell'equilibrio faunistico è riconosciuto e valorizzato, non demonizzato.Conclusione: Cosa Chiede un Cacciatore?
Non chiediamo di sterminare, ma di gestire. La caccia di selezione e i piani di controllo delle specie opportuniste, condotti in modo scientifico e sotto la supervisione degli enti preposti, non sono un capriccio, ma una necessità ecologica. Sono l'unico strumento praticabile per tentare di riequilibrare una situazione che è sfuggita di mano.Continuare a ignorare l'impatto devastante di questi predatori, mentre si punta il dito su un prelievo venatorio sostenibile e regolamentato, è come accusare di un incendio chi cerca di spegnerlo con un secchio d'acqua, ignorando chi continua a gettare benzina sul fuoco. Il silenzio nei nostri cieli è un avvertimento per tutti: naturalisti, agricoltori, cacciatori e cittadini. Se non agiamo insieme, e con cognizione di causa, quel silenzio diventerà permanente.
GATTINI MARCO - Migratoria.it