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E’ capitato la scorsa primavera: in tre gironzolavano nelle campagne palermitane alla ricerca di quaglie da fare annusare ai propri cuccioli, senza fucili o altri mezzi di cattura, solo un richiamo elettronico, la quagliaia, per intenderci. Quale immondo reato avevano commesso per suscitare l’intervento, con appostamento notturno, di qualche zelante forestale? Il reato di esercizio di caccia in tempo di divieto. Sì, avete capito bene, “esercizio di caccia”. Ora, che un macroscopico errore del genere sia commesso dallo zelante forestale e passi, ma che un Giudice commetta lo stesso errore – nonostante la difesa composta dagli Avv. Francesca Di Giunta e Giuseppe Fiorenza spieghi minuziosamente che senza armi, senza munizioni, senza reti, senza trappole non è possibile né abbattere né catturare quaglie – ha due sole spiegazioni: ho non ha letto le carte, o ha un concetto di “caccia” personale distante mille miglia da quello ssato dalla Legge.
Meno male che il Presidente della FSDC della sezione prov.le di Palermo ha immediatamente intuito il macroscopico errore posto in essere dagli agenti e, attivatosi, ha messo quei cacciatori nelle migliori condizioni per potersi difendere. Sta di fatto, cari amici, che per una “fesseria del genere” è dovuta intervenire, addirittura, la Suprema Corte di Cassazione e annullare tutto.
Pazzesco, ma vero.
Avv. Giovanni Di Giunta
P.s. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum (tradotto signica “passi per questa volta”).
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