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[h=1][/h] Piemonte: Sacchetto, il referendum sulla caccia non si fara’
(AGENPARL) – Roma, 03 mag – “Una soluzione di buonsenso che pone fine a 25 anni di burocrazia e battaglie, un’alternativa valida per evitare di spendere oltre 20 milioni di euro di fondi pubblici (cifra necessaria per effettuare il referendum), somma che potrà essere dirottata sul settore sociale. Questo pomeriggio il Consiglio Regionale ha votato a maggioranza un apposito emendamento presentato dall’Assessore Regionale all’Agricoltura, Caccia e Pesca, Claudio Sacchetto, documento che prevede l’abrogazione della Legge regionale 70/1996 e il conseguente decadimento della consulta referendaria”. Lo si legge in un comunicato stampa della Regione Piemonte.
L’Assessore regionale all’Agricoltura, Claudio Sacchetto, si dice soddisfatto del risultato ottenuto per differenti motivazioni: “Innanzitutto per un risparmio di oltre 20 milioni di euro in un periodo economicamente delicatissimo, risorse che potranno essere destinate al settore sociale. In secondo luogo perchè dopo 16 anni dall’approvazione, la Legge Regionale 1996 non è più adeguata ai cambiamenti nel frattempo intercorsi: mutamento delle condizioni in cui si esercita la caccia, cambiamento della fauna, del territorio e delle attività condotte sullo stesso. È necessaria e indispensabile una legge nuova, moderna, che da un lato concepisca la caccia in tutte le sue sfumature (obiettivi, potenzialità, funzionalità per il territorio) e dall’altra allinei la normativa piemontese a quella delle Regioni confinanti, realtà ancora molto lontane dalla nostra. I cacciatori non devono in alcun modo essere additati quale pericolo da contenere, al contrario sono persone per bene, onesti cittadini che possono essere importante risorsa per il territorio svolgendo la loro preziosa attività nel solco delle norme previste dall’Unione Europea e dallo Stato”.
In merito all’esposizione mediatica della tematica venatoria sui principali organi di informazione, l’Assessore aggiunge: “In questi anni, con particolare intensità negli ultimi mesi, sono state diffuse informazioni errate e accuse false, volontariamente distorte. L’abrogazione della legge 70/96 è stata definita una strategia avventata che lascerebbe il Piemonte, in ambito venatorio, in una situazione di vuoto legislativo: tale informazione è errata in quanto fino ad approvazione della nuova legge, vige la normativa nazionale, vale a dire la 157/92. Ancora, l’abrogazione è stata additata quale provvedimento di dubbia legittimità: al contrario la possibilità di far decadere una legge è una possibilità giuridicamente prevista e legittima. Negli ultimi mesi è giunta addirittura l’accusa di voler attentare al regolare processo democratico: riconosciuto e mai messo in discussione il valore dello strumento referendario all’interno della vita democratica, ricordo che la democrazia indiretta, al pari (e non meno) di quella diretta, va tutelata e protetta: dunque, da rappresentante regolarmente eletto dai cittadini, è giusto che possa lavorare e compiere delle scelte. Infine pesanti e gratuite critiche sono giunte affermando la volontà di sovvertire la tutela dell’ambiente: innanzitutto il cacciatore, insieme all’agricoltore, è il primo attento guardiano del territorio. In seconda istanza, non bisogna mai dimenticare che, alla sempre più grave emergenza di danneggiamento delle colture a seguito della eccessiva proliferazione di fauna selvatica, è necessario porre un freno: solo con la sinergia fra mondo venatorio ed agricoltura si può intraprendere un percorso virtuoso e bilanciato. Troppo spesso le accuse sono state mosse da cittadini poco vicini al mondo agricolo, persone non consapevoli del necessario equilibrio sul quale deve basarsi la convivenza tra uomo e animale. Un’ultima considerazione: la stragrande maggioranza dei piemontesi non comprende e continuerà a non comprendere perché una sparuta minoranza, i promotori referendari, continui a voler ad ogni costo far spendere dei soldi inutilmente alla popolazione slegandosi completamente dalla realtà e dalle priorità ad essa legata. Questo obiettivo raggiunto è il risultato di un intenso lavoro operato con il Presidente della Regione Roberto Cota unitamente alla Maggioranza con un fine comune: risparmiare risorse pubbliche per oltre 20 milioni di euro”.
http://www.agenparl.it

L’Assessore regionale all’Agricoltura, Claudio Sacchetto, si dice soddisfatto del risultato ottenuto per differenti motivazioni: “Innanzitutto per un risparmio di oltre 20 milioni di euro in un periodo economicamente delicatissimo, risorse che potranno essere destinate al settore sociale. In secondo luogo perchè dopo 16 anni dall’approvazione, la Legge Regionale 1996 non è più adeguata ai cambiamenti nel frattempo intercorsi: mutamento delle condizioni in cui si esercita la caccia, cambiamento della fauna, del territorio e delle attività condotte sullo stesso. È necessaria e indispensabile una legge nuova, moderna, che da un lato concepisca la caccia in tutte le sue sfumature (obiettivi, potenzialità, funzionalità per il territorio) e dall’altra allinei la normativa piemontese a quella delle Regioni confinanti, realtà ancora molto lontane dalla nostra. I cacciatori non devono in alcun modo essere additati quale pericolo da contenere, al contrario sono persone per bene, onesti cittadini che possono essere importante risorsa per il territorio svolgendo la loro preziosa attività nel solco delle norme previste dall’Unione Europea e dallo Stato”.
In merito all’esposizione mediatica della tematica venatoria sui principali organi di informazione, l’Assessore aggiunge: “In questi anni, con particolare intensità negli ultimi mesi, sono state diffuse informazioni errate e accuse false, volontariamente distorte. L’abrogazione della legge 70/96 è stata definita una strategia avventata che lascerebbe il Piemonte, in ambito venatorio, in una situazione di vuoto legislativo: tale informazione è errata in quanto fino ad approvazione della nuova legge, vige la normativa nazionale, vale a dire la 157/92. Ancora, l’abrogazione è stata additata quale provvedimento di dubbia legittimità: al contrario la possibilità di far decadere una legge è una possibilità giuridicamente prevista e legittima. Negli ultimi mesi è giunta addirittura l’accusa di voler attentare al regolare processo democratico: riconosciuto e mai messo in discussione il valore dello strumento referendario all’interno della vita democratica, ricordo che la democrazia indiretta, al pari (e non meno) di quella diretta, va tutelata e protetta: dunque, da rappresentante regolarmente eletto dai cittadini, è giusto che possa lavorare e compiere delle scelte. Infine pesanti e gratuite critiche sono giunte affermando la volontà di sovvertire la tutela dell’ambiente: innanzitutto il cacciatore, insieme all’agricoltore, è il primo attento guardiano del territorio. In seconda istanza, non bisogna mai dimenticare che, alla sempre più grave emergenza di danneggiamento delle colture a seguito della eccessiva proliferazione di fauna selvatica, è necessario porre un freno: solo con la sinergia fra mondo venatorio ed agricoltura si può intraprendere un percorso virtuoso e bilanciato. Troppo spesso le accuse sono state mosse da cittadini poco vicini al mondo agricolo, persone non consapevoli del necessario equilibrio sul quale deve basarsi la convivenza tra uomo e animale. Un’ultima considerazione: la stragrande maggioranza dei piemontesi non comprende e continuerà a non comprendere perché una sparuta minoranza, i promotori referendari, continui a voler ad ogni costo far spendere dei soldi inutilmente alla popolazione slegandosi completamente dalla realtà e dalle priorità ad essa legata. Questo obiettivo raggiunto è il risultato di un intenso lavoro operato con il Presidente della Regione Roberto Cota unitamente alla Maggioranza con un fine comune: risparmiare risorse pubbliche per oltre 20 milioni di euro”.
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