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dorset commentata
09/06/20, 19:38
Ciao Giovanni, in che anni sei stato al Santa Maria? l'era di Chiodeca e Pasquale? Classico o scentifico?>>
Gli anni? Dunque, ho preso la maturita' (classica) nel 1966, ed avevo frequentato il Santa Maria a cominciare dalla seconda media. Sette anni di S. Maria! Di Chiodeca mi ricordo appena, ma di Pasquale, altro che se me ne ricordo... Certe sberle, che mollava! Mi ricordo il "Grillo Parlante" (Padre Rota), e di insegnanti ho avuto Casella, Trisoglio, il boriosissimo e noiosissimo Gualtiero Gherardi, quel fetentone di "Zi' Fico" (Piergentili) che ti cacciava fuori dall'aula se davi una gurdata furtiva all'orologio, La Santoro dai capelli turchini (ma non una fata!), Rimoldi (il professore di religione che mi mando' in consegna un paio di volte perche' io e un altro giocavamo a battaglia navale durante una noiosissima dissertazione su non so queli eventi biblici), "Pecorino," il prete (soprannominato anche "l'Abbacchio di Dio," pure lui professore di religione--quello che teneva i pescetti di liquerizia nella tasca della tonaca e li distribuiva come premio alle risposte corrette, o buon comportamento. Peccato che li teneva in una tasca della tonaca insieme al suo fazzolettone nel quale si soffiava sovente il naso! Cavallo, che ammollava dolorosissimi nocchini in testa a discoli e pigri, Vigar, professore d'inglese, maltese di nascita, che aveva un occhio storto che non ti faceva mai capire dove stesse guardando, e ti beccava sempre se stavi facendo qualcosa che non dovevi, Mantura, professsore di storia dell'arte, un esteta raffinato. E poi Padre Marinelli (aveva due nipoti nella mia classe. Uno era un vero studioso, un secchione. Mori' prematuramente di cancro. Suo cugino mori' altrettanto prematuramente, di scompenso cardiaco incurabile. La mia "gang" era composta da me, Vittorio (morto da tanto, di suicidio), Roberto (anche lui morto da tanto), Raffaele, Massimo, Domenico e altri tre o quattro "pochi di buono."
Il Santa Maria... Bei ricordi e brutti ricordi. Prima delle vacanze di Natale ci congregavano tutti noi liceali, classico e scientifico, nell'Auditorio. Mi ricordo che ci faceva sempre freddo. Poi Padre Marinelli, rettore, ci chiamava uno ad uno, in ordine alfabetico, leggeva i nostri voti, e faceva commenti sui suddetti mentre il chiamato rimaneva in piedi. Una volta, quando i miei voti erano particolarmente brutti (brutti erano sempre, ma stavolta erano veramente brutti) mi chiamo', recito' i miei voti con intonazione drammatica, con tanta enfasi sui peggiori, e dopo l'ultimo tre o quattro (c'erano anche dei due) fece una lunga pausa e poi, chiamandomi per il mio cognome, come facevano tutti gli insegnanti e amministratori con tutti noi, con voce piena di disprezzo tuono': "Tallino (lunga pausa)... Bravo! Che voti magnifici! (o, qual maestro di sarcasmo da due soldi!) Adesso, quando andrai a casa, ti siederai a pranzo con i tuoi genitori, e mangerai il cibo che ti hanno procurato..."(lunghissima pausa, piena di suspense). "E con che faccia mangerai? Come non potrai vergognarti del cibo mangiato a sbafo? Come non ti sentirai un verme approfittandoti di loro, che ti nutrono, ti vestono, ti danno un tetto, ti pagano la retta della Nostra Scuola (le maiuscole di "Nostra Scuola" si potevano indovinare dall'enfasi), ti danno tutto--e tu non studiando, non facendo il tuo dovere di figlio, non li ripaghi dei loro sacrifici? Siediti, siediti, e pensa a cio' che ti ho detto." E avanti un altro--da umiliare o da panegiricizzare, a seconda dei voti. ****, non sapeva che fra noi liceali non secchioni e leccaculi essere cosi' redarguito dal rettore era una medaglia al valore scolastico!
Dulcis in fundo: Un grandissimo insegnante, Umberto Duranti. Alto, distinto, capelli grigi, naso aquilino, accento toscano e piccolo difetto di pronuncia che trasformava ogni S in una F. Sembrava un generale tedesco della Wermacht, ma uno di quelli per bene, un nobile con tanto di Von davanti al cognome--non un turpe macellaio delle SS. Un monocolo gli si sarebbe addetto magnificamente. Non ti dico le scene mute che facevo quando mi chiamava e mi domandava di brani di letteratura greca, o di autori latini, o mi chiedeva di tradurre dieci righe di De Bello Gallico o dell'Anabasi di Senofonte. I 3 ed i 4 fioccavano. Poi, verso la fine dell'anno scolastico, temendo la tragedia imminente della bocciatura, mi davo veramente da fare ed un 6 striminzito lo rimediavo sempre. Ma arrivato al terzo classico (Sezione B) mi resi conto che l'ultimo anno doveva essere diverso se volevo passare l'esamone di maturita', che a quei tempi non era la barzelletta che e' oggi. Alla fine della prima settimana Duranti mi chiama alla cattedra e comincia a farmi domande sulla letteratura latina, ed io--tac! tac! tac!--a ogni domanda una risposta esatta ed una discussione matura ed intelligente sul soggetto. Duranti mi guarda un po' strano durante l'interrogazione. E alla fine: "Tallino," mi dice, "non ti riconofco piu'! Che cofa fara' mai fucceffo? Io mi afpettavo la folita fcena muta, e adeffo tu invece brilli come un diamante!"
Non mi voglio dilungare, ma di tutti gli insegnanti preti, laici e religiosi del Santa Maria, l'unico che ricordo con ammirazione e' il Professor Duranti. Pero' anche Pasquale, per quanto fosse manesco e rozzo, era un brav'uomo, buono come il pane, umile, ed aveva a cuore i "suoi" ragazzi, anche se per indirizzarli sulla retta via erano sberle e calci nel sedere. Lo rividi molti anni dopo, quando portai la mia moglie americana a vedere la mia vecchia alma mater. Non era cambiato per niente. Quando gli dissi che ero emigrato, che mi ero laureato in lingua e letteratura inglese e americana e che insegnavo al liceo di Kodiak, sbotto': "Tu insegnante? Non ci posso credere! Eri un tale somaro, un discolo, un insubordinato... Insegnante? (pausa, e poi con un tono dolce del quale non sapevo che la sua voce rauca fosse capace) Bravo! Sono fiero di te!"