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......diciamo che sono di parte [3] ....però magari a qualcuno potrà interessare.........
Analisi idro-geologica del territorio calabrese
Inizia oggi con questo editoriale una nuova corrispondenza dalla Calabria, ed inizia oggi una approfondita indagine climatica che ci aiuterà a capire meglio il clima di una regione erroneamente ritenuta siccitosa.
Inizia oggi con questo editoriale una nuova corrispondenza dalla Calabria, ed inizia oggi una approfondita indagine climatica che ci aiuterà a capire meglio il clima di una regione erroneamente ritenuta siccitosa ma che in realtà dai tempi dei Greci e dei Romani è stata apprezzata per le sue limpide ed abbondanti acque reflue frutto di abbondantissime precipitazioni prevalentemente invernali e primaverili.
Prima di addentrarci nell'esame dell'inverno appena concluso occorre fare una premessa di tipo geografico...
Quando si pensa alla Calabria la prima parola che salta in mente è "fiumare".
Le fiumare sono dei corsi d'acqua a carattere torrentizio dall'elevato potere erosivo che nelle stagioni piovose si trasformano da ampi e aridi letti pietrosi a veri e propri fiumi di acqua e fango. Per apprezzare al meglio il concetto di "fiumara" occorre conoscere almeno parzialmente l'orografia regionale, basti pensare che solo 1/7 del territorio ha una pendenza inferiore al 5% e questo territorio è dovuto a colmamenti alluvionali avvenuti in ere geologiche recenti, ad opera di depositi argillosi, sabbiosi e pietrosi.
La Calabria, in tutta la sua lunghezza è ricoperta ed attraversata da grandi massicci montuosi, da Nord a Sud troviamo il solo massiccio calcareo: il Monte Pollino; troviamo inoltre i massicci cristallini rappresentati dalla Catena Costiera, l'altopiano della Sila, le Serre, il Monte Poro ed infine il massiccio dell'Aspromonte.
La Catena Costiera e l'Aspromonte nel versante Jònico degradano velocemente verso il mare non consentendo ai numerosissimi torrenti di trasformarsi in fiumi, la vicinanza poi di un numero elevatissimo di bacini idrografici che corrono paralleli senza incrociarsi fa si che questi torrenti giungano rapidissimi al mare senza apporto di affluenti.
Soltanto nella Sila e sul versante Tirrenico, la distanza dei monti dal mare è tale da consentire ai torrenti di crearsi pianori e una adeguata rete di affluenti, sufficiente a trasformare questi corsi d'acqua in veri fiumi che in epoche storiche sono stati, oltre che culla di antiche popolazioni, punto di accesso verso l'interno, poiché navigabili per lunghissimi tratti.
Prima della bonifica delle pianure calabresi ed in epoche in cui il prelievo alle sorgenti delle acque a scopo di irrigazione o alimentare-industriale non era ancora massiccio come ai giorni d'oggi, non era insolito vedere imbarcazioni risalire i corsi dei fiumi, come testimoniano numerosi testi storici.
Le pianure erano zone malsane dove regnavano acquitrini e le anse dei fiumi formavano laghetti e stagni... Nel censimento del Nuovo Catasto Agrario del 1929 nessun Comune calabrese viene attribuito alla zona pianeggiante (gli antichi insediamenti greco-romani furono negli anni abbandonati) l'80% dei comuni è classificato collinare ed il rimanente 20% montano.
A titolo d'esempio i greci chiamavo fiumi i corsi d'acqua che dall'Aspromonte scendevano verso il mare, l'attuale torrente Vacàle, affluente di sinistra del fiume Mèsima nella piana di Rosàrno-Gioia Tàuro, secondo alcuni studiosi può esser tradotto dal greco come, "abbondante" "ricco di acque", oggi ridotto ad un rigagnolo di scolo fognario, imbrigliato, prosciugato dai massicci prelievi agricoli e soprattutto cementificato fin nel suo letto, ma nel corso dell'inverno appena trascorso, complici le abbondantissime precipitazioni pari a ben 1700 mm, destatosi da un sonno forzato, il torrente ha terrorizzato gli abitanti dei comuni di San Giorgio Morgèto, Polìstena e Melicucco, causando persino un morto nel crollo di un ponte.
Spesso i telegiornali in passato hanno riportato cronache di terribili alluvioni che hanno interessato a più riprese l'intero territorio regionale, (uno studio di Legambiente ne ha censiti 43 tra il solo 1991 ed il 2003 con 17 piene di altrettanti corsi d'acqua e ben 9417 frane) censirli tutti è impresa ardua, poiché queste alluvioni si sono distribuite da Nord a Sud ovunque ed in maniera estremamente eterogenea provocando enormi danni e morti in alcune zone, lasciandone indenni altre adiacenti, la ragione di questa disomogeneità non và ricercata nella diversa distribuzione precipitativa (solo parzialmente responsabile di questa diversità), ma ancora una volta nelle scellerate scelte amministrative che hanno consentito di costruire paesi e città dove il buon senso avrebbe invece suggerito di evitare di costruire lungo i letti di queste bombe ad orologeria che sono le famigerate fiumare.
Per citare alcuni eventi alluvionali recenti, tutti ricorderanno la tragedia del Settembre 2000 di Soveràto (mese in cui caddero in città 368,6 mm di pioggia, molti, ma non un evento monsonico in una regione che spessissimo in passato ha superato i 600-800 mm di pioggia caduti in un solo mese) con i 13 morti nel campeggio "le Giare" costruito nel letto del fiume Beltràme, allagato e spazzato via dalla forza della piena stessa, o l'esondazione del fiume Esaro che nel 1996 allagò la città di Crotòne con ben 6 morti, o ancora l'alluvione del 3 luglio 2006 (mese in cui a Vibo Valèntia caddero 271,2 mm di pioggia) in cui persero la vita 4 persone, in altrettante case che ostruivano il normale deflusso di un corso d'acqua. Per non parlare poi della bomba ad orologeria rappresentata dalla mega discarica di rifiuti che a nord di Lòcri e Sidèrno ostruisce quasi totalmente il letto del fiume Novito.
La saggezza degli antichi greci, suggerì invece a queste antiche popolazioni, che colonizzarono il versante Jònico, di spostare i centri abitati dalle coste alle colline, ugualmente soggette ad abbondanti precipitazioni invernali, ma molto più sicure dal punto di vista idro-geologico.
Importanti centri abitati quali Locri vennero così abbandonati a benefìcio dei nascenti centri collinari, in questo caso di Gerace. Sul versante Jònico tutti o quasi i paesi costieri hanno un gemello "superiore" in collina, più antico e sicuro dal punto di vista idro-geologico... Non a caso da Bòva ad Ardòre, Sidérno, Gioiòsa Jonica, da Caulònia a Monasteràce, Soveràto e persino Catanzàro o Cirò, esiste un corrispondente comune collinare o "superiore" ed uno "inferiore" o marino-lido.
Analisi idro-geologica del territorio calabrese
Inizia oggi con questo editoriale una nuova corrispondenza dalla Calabria, ed inizia oggi una approfondita indagine climatica che ci aiuterà a capire meglio il clima di una regione erroneamente ritenuta siccitosa.
Inizia oggi con questo editoriale una nuova corrispondenza dalla Calabria, ed inizia oggi una approfondita indagine climatica che ci aiuterà a capire meglio il clima di una regione erroneamente ritenuta siccitosa ma che in realtà dai tempi dei Greci e dei Romani è stata apprezzata per le sue limpide ed abbondanti acque reflue frutto di abbondantissime precipitazioni prevalentemente invernali e primaverili.
Prima di addentrarci nell'esame dell'inverno appena concluso occorre fare una premessa di tipo geografico...
Quando si pensa alla Calabria la prima parola che salta in mente è "fiumare".
Le fiumare sono dei corsi d'acqua a carattere torrentizio dall'elevato potere erosivo che nelle stagioni piovose si trasformano da ampi e aridi letti pietrosi a veri e propri fiumi di acqua e fango. Per apprezzare al meglio il concetto di "fiumara" occorre conoscere almeno parzialmente l'orografia regionale, basti pensare che solo 1/7 del territorio ha una pendenza inferiore al 5% e questo territorio è dovuto a colmamenti alluvionali avvenuti in ere geologiche recenti, ad opera di depositi argillosi, sabbiosi e pietrosi.
La Calabria, in tutta la sua lunghezza è ricoperta ed attraversata da grandi massicci montuosi, da Nord a Sud troviamo il solo massiccio calcareo: il Monte Pollino; troviamo inoltre i massicci cristallini rappresentati dalla Catena Costiera, l'altopiano della Sila, le Serre, il Monte Poro ed infine il massiccio dell'Aspromonte.
La Catena Costiera e l'Aspromonte nel versante Jònico degradano velocemente verso il mare non consentendo ai numerosissimi torrenti di trasformarsi in fiumi, la vicinanza poi di un numero elevatissimo di bacini idrografici che corrono paralleli senza incrociarsi fa si che questi torrenti giungano rapidissimi al mare senza apporto di affluenti.
Soltanto nella Sila e sul versante Tirrenico, la distanza dei monti dal mare è tale da consentire ai torrenti di crearsi pianori e una adeguata rete di affluenti, sufficiente a trasformare questi corsi d'acqua in veri fiumi che in epoche storiche sono stati, oltre che culla di antiche popolazioni, punto di accesso verso l'interno, poiché navigabili per lunghissimi tratti.
Prima della bonifica delle pianure calabresi ed in epoche in cui il prelievo alle sorgenti delle acque a scopo di irrigazione o alimentare-industriale non era ancora massiccio come ai giorni d'oggi, non era insolito vedere imbarcazioni risalire i corsi dei fiumi, come testimoniano numerosi testi storici.
Le pianure erano zone malsane dove regnavano acquitrini e le anse dei fiumi formavano laghetti e stagni... Nel censimento del Nuovo Catasto Agrario del 1929 nessun Comune calabrese viene attribuito alla zona pianeggiante (gli antichi insediamenti greco-romani furono negli anni abbandonati) l'80% dei comuni è classificato collinare ed il rimanente 20% montano.
A titolo d'esempio i greci chiamavo fiumi i corsi d'acqua che dall'Aspromonte scendevano verso il mare, l'attuale torrente Vacàle, affluente di sinistra del fiume Mèsima nella piana di Rosàrno-Gioia Tàuro, secondo alcuni studiosi può esser tradotto dal greco come, "abbondante" "ricco di acque", oggi ridotto ad un rigagnolo di scolo fognario, imbrigliato, prosciugato dai massicci prelievi agricoli e soprattutto cementificato fin nel suo letto, ma nel corso dell'inverno appena trascorso, complici le abbondantissime precipitazioni pari a ben 1700 mm, destatosi da un sonno forzato, il torrente ha terrorizzato gli abitanti dei comuni di San Giorgio Morgèto, Polìstena e Melicucco, causando persino un morto nel crollo di un ponte.
Spesso i telegiornali in passato hanno riportato cronache di terribili alluvioni che hanno interessato a più riprese l'intero territorio regionale, (uno studio di Legambiente ne ha censiti 43 tra il solo 1991 ed il 2003 con 17 piene di altrettanti corsi d'acqua e ben 9417 frane) censirli tutti è impresa ardua, poiché queste alluvioni si sono distribuite da Nord a Sud ovunque ed in maniera estremamente eterogenea provocando enormi danni e morti in alcune zone, lasciandone indenni altre adiacenti, la ragione di questa disomogeneità non và ricercata nella diversa distribuzione precipitativa (solo parzialmente responsabile di questa diversità), ma ancora una volta nelle scellerate scelte amministrative che hanno consentito di costruire paesi e città dove il buon senso avrebbe invece suggerito di evitare di costruire lungo i letti di queste bombe ad orologeria che sono le famigerate fiumare.
Per citare alcuni eventi alluvionali recenti, tutti ricorderanno la tragedia del Settembre 2000 di Soveràto (mese in cui caddero in città 368,6 mm di pioggia, molti, ma non un evento monsonico in una regione che spessissimo in passato ha superato i 600-800 mm di pioggia caduti in un solo mese) con i 13 morti nel campeggio "le Giare" costruito nel letto del fiume Beltràme, allagato e spazzato via dalla forza della piena stessa, o l'esondazione del fiume Esaro che nel 1996 allagò la città di Crotòne con ben 6 morti, o ancora l'alluvione del 3 luglio 2006 (mese in cui a Vibo Valèntia caddero 271,2 mm di pioggia) in cui persero la vita 4 persone, in altrettante case che ostruivano il normale deflusso di un corso d'acqua. Per non parlare poi della bomba ad orologeria rappresentata dalla mega discarica di rifiuti che a nord di Lòcri e Sidèrno ostruisce quasi totalmente il letto del fiume Novito.
La saggezza degli antichi greci, suggerì invece a queste antiche popolazioni, che colonizzarono il versante Jònico, di spostare i centri abitati dalle coste alle colline, ugualmente soggette ad abbondanti precipitazioni invernali, ma molto più sicure dal punto di vista idro-geologico.
Importanti centri abitati quali Locri vennero così abbandonati a benefìcio dei nascenti centri collinari, in questo caso di Gerace. Sul versante Jònico tutti o quasi i paesi costieri hanno un gemello "superiore" in collina, più antico e sicuro dal punto di vista idro-geologico... Non a caso da Bòva ad Ardòre, Sidérno, Gioiòsa Jonica, da Caulònia a Monasteràce, Soveràto e persino Catanzàro o Cirò, esiste un corrispondente comune collinare o "superiore" ed uno "inferiore" o marino-lido.