Negli ultimi mesi si è discusso molto sulla necessità di modernizzare la Legge 157/92. Tuttavia, analizzando attentamente le bozze e le discussioni emerse dalle assemblee territoriali, in particolare quelle promosse dalla Federazione Italiana della Caccia (FIDC), emerge una realtà ben diversa da quella prospettata. Non si tratta di un miglioramento dell'attività venatoria, ma di una ridefinizione degli equilibri tra agricoltori, cacciatori e istituzioni, con un chiaro vantaggio per le grandi organizzazioni agricole come Coldiretti.
La bozza di riforma introduce cambiamenti radicali:
- Aziende agroturistiche venatorie: Le attuali aziende faunistico-venatorie potranno trasformarsi in agroturistiche, ottenendo di fatto il diritto di cacciare 365 giorni all'anno, 24 ore su 24, su qualsiasi specie considerata "invasiva".
- Filiera del "contenimento remunerato": Con la scusa dei danni all'agricoltura, si creerà un sistema in cui gli agricoltori potranno autorizzare l'abbattimento illimitato di specie selvatiche, comprese quelle migratorie, senza i limiti imposti dalle attuali norme sulla gestione sostenibile della fauna. Questo apre la strada a una vera e propria filiera del profitto legata al contenimento degli animali.
- Proprietà della fauna invasiva: Viene introdotto un principio estremamente pericoloso: la proprietà della fauna "invasiva" è attribuita al proprietario del fondo. Questa idea contraddice il concetto costituzionale della fauna come patrimonio indisponibile dello Stato, aprendo la porta alla sua mercificazione e a un controllo privato sulla fauna selvatica.
Mentre si realizza questo stravolgimento, ai cacciatori "comuni" — quelli che da generazioni mantengono viva la cultura venatoria con rispetto e sacrificio — vengono offerte solo briciole. Si parla di un possibile reintegro del fringuello nel calendario venatorio, di promesse sui richiami vivi e sui valichi. Tuttavia, queste concessioni sono percepite come un "anestetico", un tentativo di placare le voci critiche mentre, dietro le quinte, si smantella l'idea stessa di caccia pubblica.
Le assemblee FIDC, secondo Feligetti, hanno avuto un unico scopo: legittimare un sistema che sostituirà la caccia regolamentata con un vero e proprio mercato di concessioni. L'accesso all'attività venatoria dipenderà sempre più dalla capacità di pagare, trasformando il diritto di accesso a un territorio pubblico o collettivo in un'offerta economica per cacciare su fondi privati.
Questo modello, simile a un'asta, esclude i cacciatori meno abbienti, i giovani e chi vive la caccia come parte integrante della propria identità culturale. La proposta di riforma, quindi, non rafforza la caccia, ma la trasforma in un'attività privata, clientelare e selettiva, dove il cacciatore diventa un semplice "cliente" di un sistema chiuso e gestito da pochi.
Se questa legge dovesse passare nella sua forma attuale, segnerà la fine della caccia come la conosciamo. Un tradimento che, conclude Feligetti, non arriverà dagli ambientalisti, ma da chi avrebbe dovuto rappresentare e difendere gli interessi dei cacciatori.