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Gli anni '70. Un'epoca in cui il tempo sembrava scorrere più lento, le domeniche avevano il sapore di polvere da sparo e le albe erano dipinte con i colori della speranza. Per Nanni, un uomo con il viso segnato dal sole e dal vento, e gli occhi che riflettevano la profondità dei boschi e la vastità delle paludi, quei decenni furono il culmine di una vita dedicata alla Maremma. Non un passatempo, ma un vero e proprio modo di essere.

Nanni era nato e cresciuto tra le sugherete e i boschi mediterranei presenti in qui luoghi, con il richiamo degli uccelli come ninna nanna e il profumo di terra bagnata come fragranza preferita. La sua casa era una modesta capanna ai margini della macchia, dove il confine tra uomo e natura era sfumato, quasi inesistente. Il suo fucile, una vecchia doppietta con il legno liscio per le innumerevoli mani che lo avevano imbracciato, era più di un attrezzo: era un compagno fidato, un prolungamento della sua anima.

Nei boschi: Tordi, Beccacce e Colombacci​

"I tordi, quelli sì, erano una grazia del Signore," mormorava Nanni, accarezzando la canna del fucile. "Arrivavano a sciami, a migliaia, con l'aria fredda di novembre. Bastava un buon richiamo, un po' di pazienza e l'occhio svelto." Ricordava le mattinate nebbiose, il freddo che pizzicava le guance e il naso, e il rumore ritmico delle ali che fendevano l'aria sopra le sugherete. Si posizionava sotto gli ulivi centenari, mimetizzato tra i rami, e aspettava. Il suono del tordo, quel "cip-cip-cip" insistente, era musica per le sue orecchie. Un tiro pulito, un recupero rapido, e la soddisfazione di una borsa che si faceva più pesante. Non c'era fretta, solo il rispetto per la preda e la consapevolezza di partecipare a un ciclo antico quanto la terra.

Ma la vera sfida, la preda che accendeva la scintilla più viva nei suoi occhi, era la beccaccia. "La regina del bosco," diceva con una...
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