La richiesta della signora di escludere i suoi campi, situati nella provincia di Ravenna, dall'attività venatoria è stata respinta dalla Regione in conformità alla legge vigente che ha constatato l'assenza di colture ad alta specializzazione nel fondo, rendendolo dunque non vulnerabile all'attività venatoria. È stato rilevato che le ragioni "etiche" non sono contemplate dalle disposizioni normative attuali.
Con il supporto delle associazioni animaliste, la decisione è stata impugnata presso il Tar sulla base di un presunto mancato rispetto del diritto all'obiezione di coscienza, richiamando l'articolo 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU).
Tuttavia, il Tar ha emesso la propria sentenza, resa pubblica in data 6 maggio 2024, respingendo integralmente il ricorso e sottolineando come l'obiezione di coscienza non sia applicabile in tali contesti. Inoltre, ha evidenziato che la pianificazione faunistico-venatoria (e quindi l'accesso dei cacciatori ai terreni agricoli privati) tutela l'interesse pubblico, considerando anche la sicurezza stradale e la salvaguardia dell'agricoltura.
"Nella sentenza si osserva - si legge - che il Piano faunistico venatorio di cui all’art. 10 legge 157/92, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, non mira a proteggere esclusivamente l'esercizio dell'attività venatoria, attività priva di copertura costituzionale. Esso difende specifici interessi pubblici di rilievo costituzionale con particolare riguardo alla conservazione e alla tutela della fauna selvatica e dell'ecosistema (Corte Costituzionale, 4 dicembre 2009, n.316)".