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Una squadra di volontari del WWF assieme ad una guardia venatoria, grazie alla fattiva azione sul campo del Corpo Forestale dello Stato di Castellammare di Stabia, coordinati dal I° Dirigente dott. Sergio Costa e agli ordini del Comandante Ass. Capo Romualdo Apicella. Tutti nuovamente in campo contro il bracconaggio nella penisola sorrentina.In particolare, nei giorni scorsi, si è avuto modo di procedere all’individuazione e allo smantellamento di numerose postazioni per il richiamo delle quaglie e al sequestro degli impianti elettronici (altoparlanti, batterie, fonofili, cavi elettrici e quant’altro). Gli impianti erano allestiti sulle alture della Penisola Sorrentina, da Massa Lubrense (località Torca e Torvillo) a Piano di Sorrento (colli S.Pietro) fino a Vico Equense (Arola e Monte Faito)“Talune postazioni – dichiara Claudio d’Esposito del WWF Penisola Sorrentina – erano state abilmente nascoste nel sottosuolo della montagna in vere e proprie casseforti in ferro, saldate ad arte e cementate tra le rocce calcaree, chiuse da robusti catenacci e contenenti sofisticati impianti e timer“. Si tratta dei famigerati “fonofili”, ovvero richiami elettroacustici, che riproducono, per l’intera notte, il verso delle quaglie da catturare. I poveri uccelli vengono così attratti nei pressi della postazione, rendendoli prede facili per il bracconiere. Questo visita in genere la postazione alle prime luci dell’alba. Una visita, spiega il WWF, operata con fucili e cani.Capita così che per potere sparare a caccia chiusa, i fucili sono già in loco. Nascosti nella montagna e con la matricola abrasa.Vale la pena ricordare che l’uso dei richiami è per legge vietato. Con pazienza certosina e con tenacia maniacale, riferisce sempre il WWF, alcuni individui hanno invece cosparso le montagne di centinaia di metri di fili elettrici abilmente interrati al suolo. Poi le “casseforti bunker”, ovvero i contenitori contenenti i famigerati impianti.“All’interno di una botola interrata individuata sul Monte Faito e saldamente chiusa da porta in ferro e catenaccio – ha spiegato Claudio d’Esposito - era allocata un’altra cassaforte chiusa da altro catenaccio e poi, sul fondo, ancora un’altra cassaforte più piccola, per nascondere le cartucce, in una sorta di scatole cinesi. Da tale cassaforte – ha aggiunto il responsabile del WWF – si dipartivano i cavi elettrici, per decine e decine di metri, che conducevano alle “campane” nascoste tra la vegetazione issate su pali, e anch’esse custodite in piccole casseforti blindate da catenacci”Gli impianti posizionati sulle colline della penisola durante il periodo di migrazione primaverile sono ancora tanti, ma il WWF ritiene che siano diminuiti rispetto al recente apassato. Questo soprattutto se si tiene conto di quelli individuati e smantellati lo scorso autunno. Per il WWF sarebbe la dimostrazione di come l’azione di contrasto messa in essere dal WWF e dal Corpo Forestale dello Stato inizia a dare i suoi risultati.
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