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L’Enpa attacca la pesca “catch&release”: prova soffocamento e lesioni da ami
Studi scientifici dimostrerebbero che la pratica del “cattura e libera” crea stress psicologico e danni fisici ai pesci
«Cambiano i nomi ma non la sostanza. Dietro l’eufemismo “catch&release” (cattura e libera) si nascondono le stesse crudeltà della pesca “tradizionale”. Recenti studi scientifici infatti, tra cui quello dell’università Macquarie di Sydney o del Comitato di Bioetica norvegese, hanno infatti dimostrato che la cattura all’amo dei pesci e la loro successiva restituzione alle acque non è meno dannosa, per la salute degli animali, al punto da provocarne spesso la ****». Lo fa sapere l’Ente protezione animali (Enpa) a proposito dei Giochi mondiali di pesca sportiva.
«Pensare che i pesci non siano animali intelligenti è un errore tanto grave quanto grossolano – spiega il direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri -. Alcune specie hanno addirittura capacità cognitive uguali se non superiori a quelle di alcuni primati».
«Quando abboccano all’amo, i pesci vengono sottoposti a un’intensa forma di stress psicologico – sottolinea – causato non soltanto dal dolore fisico ma anche dal non riuscire a comprendere cosa gli stia effettivamente capitando. Per non parlare poi del soffocamento provocato dall’eradicazione dal loro ambiente naturale. Per loro l’acqua – continua – è tanto vitale quanto lo è per noi l’aria».
Ferite causate dagli ami possono essere letali
L’associazione sottolinea come le ferite causate dall’amo, che a volte può essere anche ingerito, e quelle provocate dagli stessi pescatori nel tentativo di rimuoverlo (le più comuni sono lesioni e lacerazioni) possano essere molto anche letali. «Il contatto con le mani del pescatore poi può alterare spesso irrimediabilmente – si legge in una nota – lo strato protettivo che ne ricopre le squame. Poco importa, inoltra, che l’industria della pesca abbia sviluppato presunti ami ‘cruelty freè. Il risultato è sempre lo stesso: inducono nell’animale un atroce stato di sofferenza».
«Occorre sfatare un altro mito: non è vero che la pesca catch&release non uccide. Il tasso di mortalità – aggiunge Ilaria Ferri – dipende dalle singole specie e da altri fattori, come le condizioni ambientali e l’intervallo di tempo durante il quale i pesci vengono tenuti fuori dall’acqua. Secondo il Comitato Norvegese di Bioetica il 5% dei salmoni non sopravvive al catch&release. Sempre secondo il Comitato norvegese – prosegue – in alcuni casi la mortalità può arrivare anche al 60% degli esemplari catturati. Secondo l’Università della Florida, invece, i pescatori ’sportivì sono responsabili per la **** del 25% dei pesci di acqua dolce».
Senza contare i danni causati anche ad altre specie animali che possono venire in contatto con gli ami o con i materiali usati per il catch and release. «Della pesca sportiva non si sente proprio il bisogno – conclude Ferri – a meno che non si voglia assestare un colpo mortale alla biodiversità del pianeta già gravemente minacciata dalle attività umane».
Tratto da http://www3.lastampa.it
Ora vorrei conoscere la posizione di quel "personaggio" (se non erro presidente di una qualche associazione di pescatori) che qualche mese fa dichiarava che la caccia faceva danni mentre la pesca sportiva no (proprio per la possibilità del catch e release) :roll:
Studi scientifici dimostrerebbero che la pratica del “cattura e libera” crea stress psicologico e danni fisici ai pesci
«Cambiano i nomi ma non la sostanza. Dietro l’eufemismo “catch&release” (cattura e libera) si nascondono le stesse crudeltà della pesca “tradizionale”. Recenti studi scientifici infatti, tra cui quello dell’università Macquarie di Sydney o del Comitato di Bioetica norvegese, hanno infatti dimostrato che la cattura all’amo dei pesci e la loro successiva restituzione alle acque non è meno dannosa, per la salute degli animali, al punto da provocarne spesso la ****». Lo fa sapere l’Ente protezione animali (Enpa) a proposito dei Giochi mondiali di pesca sportiva.
«Pensare che i pesci non siano animali intelligenti è un errore tanto grave quanto grossolano – spiega il direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri -. Alcune specie hanno addirittura capacità cognitive uguali se non superiori a quelle di alcuni primati».
«Quando abboccano all’amo, i pesci vengono sottoposti a un’intensa forma di stress psicologico – sottolinea – causato non soltanto dal dolore fisico ma anche dal non riuscire a comprendere cosa gli stia effettivamente capitando. Per non parlare poi del soffocamento provocato dall’eradicazione dal loro ambiente naturale. Per loro l’acqua – continua – è tanto vitale quanto lo è per noi l’aria».
Ferite causate dagli ami possono essere letali
L’associazione sottolinea come le ferite causate dall’amo, che a volte può essere anche ingerito, e quelle provocate dagli stessi pescatori nel tentativo di rimuoverlo (le più comuni sono lesioni e lacerazioni) possano essere molto anche letali. «Il contatto con le mani del pescatore poi può alterare spesso irrimediabilmente – si legge in una nota – lo strato protettivo che ne ricopre le squame. Poco importa, inoltra, che l’industria della pesca abbia sviluppato presunti ami ‘cruelty freè. Il risultato è sempre lo stesso: inducono nell’animale un atroce stato di sofferenza».
«Occorre sfatare un altro mito: non è vero che la pesca catch&release non uccide. Il tasso di mortalità – aggiunge Ilaria Ferri – dipende dalle singole specie e da altri fattori, come le condizioni ambientali e l’intervallo di tempo durante il quale i pesci vengono tenuti fuori dall’acqua. Secondo il Comitato Norvegese di Bioetica il 5% dei salmoni non sopravvive al catch&release. Sempre secondo il Comitato norvegese – prosegue – in alcuni casi la mortalità può arrivare anche al 60% degli esemplari catturati. Secondo l’Università della Florida, invece, i pescatori ’sportivì sono responsabili per la **** del 25% dei pesci di acqua dolce».
Senza contare i danni causati anche ad altre specie animali che possono venire in contatto con gli ami o con i materiali usati per il catch and release. «Della pesca sportiva non si sente proprio il bisogno – conclude Ferri – a meno che non si voglia assestare un colpo mortale alla biodiversità del pianeta già gravemente minacciata dalle attività umane».
Tratto da http://www3.lastampa.it
Ora vorrei conoscere la posizione di quel "personaggio" (se non erro presidente di una qualche associazione di pescatori) che qualche mese fa dichiarava che la caccia faceva danni mentre la pesca sportiva no (proprio per la possibilità del catch e release) :roll: