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Il Bracco Italiano è una delle razze canine più antiche e nobili del panorama venatorio, un vero e proprio gioiello di intelligenza, versatilità e affetto. Conosciuto per la sua eccezionale capacità di adattarsi a ogni tipo di ambiente, questo cane da ferma è un ausiliare prezioso e insostituibile per il cacciatore che sa apprezzarne le doti e dedicargli il tempo e la dedizione necessari.

Versatilità sul Terreno​

Una delle maggiori qualità del Bracco Italiano è la sua sorprendente adattabilità ai più svariati contesti di caccia. Nelle vaste distese aperte, come le risaie, le dolci colline o i suggestivi calanchi, il Bracco sa allargare la sua cerca in profondità, coprendo ampie porzioni di terreno con un'azione elegante e potente. La sua andatura, tipicamente il trotto ampio e sostenuto, gli permette di battere efficacemente il territorio alla ricerca della preda.

Ma la sua versatilità non si ferma qui. Nelle zone più chiuse e intricate, come i fitti boschi o la macchia mediterranea, il Bracco modula la propria attività con scrupolosa precisione. La sua cerca si fa più stretta, più "sotto", adattando l'andatura, l'energia e la profondità dell'esplorazione alle condizioni del suolo, alla densità della vegetazione e, soprattutto, al tipo di selvatico che intende insidiare. Fagiani, quaglie, starne, pernici, beccacce, beccaccini, ma anche anatidi, volpi e lepri: il Bracco Italiano è un cacciatore poliedrico, capace di affrontare con eguale efficacia una vasta gamma di selvaggina.

Il Bracco Italiano possiede un carattere d'oro, ma al contempo un'intelligenza acuta e, a tratti, un pizzico di testardaggine. Non è un cane che tende a dimenticare gli ordini, ma le idee che prendono forma nella sua "testa pensante" possono talvolta sembrargli più interessanti dei comandi impartiti. Questo richiede al padrone una cura quotidiana, non solo nell'addestramento, ma anche nell'aspetto educativo, rammentandogli all'occorrenza anche i comandi più scontati. Non si tratta di mancanza di memoria, ma di una sorta di autonomia intellettuale che rende il rapporto con il Bracco una sfida stimolante.

Comunicare con un Bracco Italiano sul terreno di caccia è un'arte sottile. Non basta imporre; bisogna dimostrare polso senza offenderlo, essere assertivi senza urtarne la sensibilità. Si tratta di assecondare il suo istinto innato, guidandolo senza diventare uno "scendiletto", un padrone che si lascia sopraffare. Questa è una sfida che misura il cacciatore come persona, mettendo alla prova la sua pazienza, la sua coerenza e la sua capacità di leadership. Non è, quindi, un cane adatto a chi cerca risultati immediati e facili, né a chi non si sente all'altezza di un rapporto così profondo e impegnativo.

La chiave per un sodalizio vincente con il Bracco Italiano è unire la passione per la caccia a un grande amore per il proprio cane. Questi sono i due assunti fondamentali per intraprendere un percorso con questa razza. Il Bracco è naturalmente predisposto a entrare in sintonia con il suo padrone, a condividere la comune passione. Il nostro compito è dedicargli tempo, conoscerlo a fondo, comprenderne le sfumature caratteriali e trovare la combinazione giusta per collaborare in armonia e vivere insieme tante fantastiche avventure venatorie.

Al di là delle sue eccezionali doti venatorie, il Bracco Italiano vanta un carattere eccezionale anche nella vita quotidiana. Sia nei confronti degli altri cani che delle persone, non è mai litigioso né aggressivo. Questa indole pacifica e affettuosa lo rende un perfetto cane da famiglia e da divano, soprattutto durante il periodo di silenzio venatorio. La sua capacità di passare senza sforzo dal ruolo di instancabile cacciatore a quello di placido compagno domestico è una testimonianza della sua straordinaria natura equilibrata.

Ricordo ancora quella mattina di fine novembre, la nebbia fitta avvolgeva la brughiera piemontese, rendendo il mondo un acquerello sfuocato di grigi e marroni. Ero con Polly, il mio Bracco Italiano, un esemplare magnifico di tre anni, con quelle orecchie lunghe e vellutate che gli incorniciavano il muso nobile e i suoi occhi ambrati, pieni di una saggezza antica.

Avevamo già battuto un bel tratto di bosco misto senza fortuna. La beccaccia è un selvatico elusivo, e con quella visibilità ridotta, la ricerca si faceva ancora più complessa. Argo, tuttavia, non si scomponeva. Muoveva la coda con quel suo pendolo lento e ritmico, il naso a terra, concentrato, seguendo invisibili scie olfattive. La sua cerca era impeccabile, non un centimetro di terreno lasciato inesplorato. Si muoveva con la grazia di un ballerino, modulando l'andatura in base alla densità del sottobosco. Quando il terreno si faceva più aperto, la sua cerca si allargava; tra i cespugli fitti, si faceva più stretta, quasi scansando ogni rametto per non far rumore.

Improvvisamente, la sua andatura rallentò. La coda, che prima si muoveva con una cadenza regolare, si bloccò in un'immobilità perfetta. Il corpo teso, il collo allungato, la zampa anteriore sollevata, Argo era lì, un'immagine statuaria nel cuore della nebbia. La ferma. Perfetta, risoluta, vibrante di una tensione contenuta. Sapevo che c'era. L'odore della beccaccia, quel profumo inconfondibile di muschio e sottobosco, era arrivato al suo tartufo e aveva cristallizzato ogni suo muscolo.

Mi avvicinai lentamente, il cuore che batteva forte nel petto. Il fucile pronto. La nebbia era talmente densa che riuscivo a malapena a distinguere i contorni degli alberi a pochi metri da me. Ma la concentrazione di Argo era la mia bussola. Era talmente immobile che sembrava una scultura di bronzo.

Poi, un frullo improvviso ruppe il silenzio. La beccaccia, con il suo volo sornione, si levò quasi dal nulla, scomparendo subito tra la foschia. Un istante di pura adrenalina. Il colpo partì, quasi d'istinto, mirando al punto da cui era venuto il frullo. E poi il tonfo sordo tra le foglie.

Polly, con la ferma rotta dal colpo, si lanciò nel recupero. Non ci volle molto, e in breve tornò con la beccaccia delicatamente in bocca, gli occhi che brillavano di orgoglio e soddisfazione. Mi porse la preda con la delicatezza di un padre, quasi a dire: "Visto? Te l'avevo detto che era qui!".

In quel momento, avvolto dalla nebbia e con la beccaccia in mano, ho capito ancora una volta la profonda connessione che lega un cacciatore al suo Bracco Italiano. Non è solo un cane da caccia, è un partner, un amico fidato, un compagno che legge i tuoi pensieri e anticipa le tue mosse. E in quel legame, in quella perfetta intesa tra uomo e cane, risiede la vera essenza della caccia con il Bracco Italiano. Non solo un esercizio venatorio, ma un'avventura condivisa, una lezione di vita e un inno alla natura.


GATTINI MARCO - Migratoria.it
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