LOMBARDIA. ANELLINI E CONTROLLI ECCO COSA FARE

L’onorevole Barbara Mazzali, consigliere regionale della Lombardia sulla sua pagina Facebook giusto per chiarire l’annosa questione “anellini e controlli” ci ricorda che:

l’art. 48 – vigilanza venatoria – della LR 26/93 al comma 6 bis prescrive che “l’attività di vigilanza e controllo sugli anellini inamovibili da utilizzare per gli uccelli da richiamo di cui ai commi 1, 1bis e 3 dell’articolo 26 è svolta verificando unicamente la presenza dell’anellino sull’esemplare e deve essere effettuata nel massimo rispetto del benessere animale e senza pratiche invasive o manipolazioni che possano arrecare danni alla salute dei volatili.”

Ma non dimenticate che però la norma che abbiamo recentemente approvato è stata oggetto d’impugnazione da parte dello Stato;
Ma ad oggi di fatto fino a quando la Corte Costituzionale non si esprimerà sull’atto legislativo la disposizione resterà valida!. Tuttavia vi sono alcune precisazioni che doverosamente devono essere fatte.
In primis la norma che abbiamo approvato in Consiglio Regionale prescrive che i controlli devono essere svolti verificando unicamente la presenza dell’anellino sull’esemplare e che deve essere effettuata nel massimo rispetto del benessere animale e senza pratiche invasive o manipolazioni che possano arrecare danni alla salute dei volatili. Su questo punto va evidenziato che le manipolazioni dei richiami non sono in assoluto vietate ma che le stesse devono avvenire con garanzia del benessere animale, senza pratiche invasive o manipolazioni che possono arrecare danno alla salute dei volatili.
In secondo luogo richiamando il disposto normativo sia della legge 157/92 sia della LR all’art. 49 – poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria – il comma 1 prescrive che “i soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell’art. 48, possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso caccia, del tesserino di cui all’art. 22, comma 2, del contrassegno della polizza di assicurazione, nonché procedere al controllo delle armi, delle munizioni e del carniere”.
La norma di fatto traccia un solco operativo tra gli addetti alla vigilanza venatoria ovvero tra GVV (volontari) e operatori di polizia in possesso di qualifica di PG e PS (o ausiliari di PS per quanto concerne le Polizie Locali).

Per quanto concerne i poteri delle GVV di Associazioni o Province i poteri d’accertamento si esauriscono a quanto stabilito dalla Legge 157/92 e dalla LR 26/93 come sopra riportato ovvero “i soggetti preposti alla vigilanza venatoria ai sensi dell’art. 48, possono chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso caccia, del tesserino di cui all’art. 22, comma 2, del contrassegno della polizza di assicurazione, nonché procedere al controllo delle armi, delle munizioni e del carniere” e pertanto ne è escluso il potere di controllo sui richiami vivi, così come quello di fermare cacciatori che in automobile transitano su strade campestri oppure chiedere la licenza di caccia quando il cacciatore non è in atteggiamento d’esercizio della pratica venatoria; mentre potrebbero espletare i suddetti accertamenti nei confronti di un soggetto che eserciti illegalmente la caccia con archetti, reti o lacci.

Per quanto concerne soggetti, come Polizia di Stato – Carabinieri – GdF – Polizia Locale, a cui le norme nazionali attribuiscono anche poteri di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, oltre alle competenze previste dalla 157/92 e dalla 26/93, vi è da evidenziare che lo Stato gli attribuisce poteri che vanno oltre la disciplina dell’attività venatoria e che pertanto le loro funzioni si devono rapportare sia con la legge 689/81 (in particolare l’art. 13 che disciplina gli atti di accertamento) sia con quanto stabilito dai numerosi articoli del Codice di Procedura Penale.
In questo senso so che la domanda che mi farete è :
“ma la norma prevista dal comma 6 bis dell’art. 48 della LR 26/93 ha la forza giuridica di resistenza rispetto a norme statali che disciplinano gli accertamenti di natura amministrativa e penale?”.
Come già indicato sopra la norma regionale, seppur impugnata, è tutt’ora esistente ma rispetto a una possibile antinomia con le norme nazionali citate quest’ultime prevalgono, in relazione ai poteri di accertamento e in particolare di tipo penale, in funzione di una sovraordinata gerarchia.
Concludendo con riferimento ai controlli dei richiami vivi detenuti per l’attività venatoria appare opportuno riassumere quanto sopra esposto.
1) I controlli sui richiami sono esclusi alle GVV in quanto lo Stato ha limitato i loro poteri di accertamento in materia venatoria così come descritti dagli art. 27 e 28 della Legge 157/92 e riportati nella LR 26/93.
2) I controlli sui richiami vivi effettuati dalle così dette “forze di polizia”, in cui impropriamente includiamo le polizie locali, possono essere effettuati salvaguardando il benessere animale (e ci mancherebbe altro potremmo dire !!!) verificando la mera presenza dell’anellino ma che in caso di “fumus” di reato i poteri d’accertamento degli operatori non trovano limitazione alcuna nella norma regionale, oggi oggetto di impugnazione. Ovviamente gli accertamenti effettuati sugli anellini come misurazioni ecc troveranno il giusto vaglio e la giusta tutela di garanzia nelle opportune sedi giudiziarie e/o amministrative; seppur con elevati costi che il trasgressore o l’indagato dovranno affrontare. Si raccomanda però al cacciatore in caso di controllo, anche con esito negativo, di formulare espressa richiesta di redazione, da parte degli operanti, di un verbale di sopralluogo o atto analogo affinché vengano evidenziate le modalità d’intervento (numero animali controllati – strumenti utilizzati – stato degli animali dopo il controllo ecc ecc). Solo successivamente le doglianze del controllato potranno trovare una corretta analisi e valutazione nel caso in cui la PA abbia operato impropriamente.
3) In merito alla tutela del benessere animale vale la pensa esprimere alcune considerazioni e in particolare sulla necessità di predisporre norme tecniche specifiche che indichino strumenti e modalità di accertamento (così come avviene nelle modalità di campionamento dei rifiuti ad esempio); magari con l’avvio di uno studio finalizzato all’emanazione di una norma tecnica UNI dedicata alla “modalità di controllo”, poi inserita nella LR 26/93. Questo potrebbe contribuire al cessare del conflitto in essere tra organi di controllo e cacciatori.
Inoltre sarebbe ipotizzabile ad un ripensamento sulle modalità di marcatura degli animali mediante microchip, anziché anellini in metallo o altro materiale, con indubbi vantaggi per la salute degli animali stessi e un più agevole controllo attraverso un semplice lettore.